mercoledì 28 settembre 2011

Print
In principio fu Wizardry (Sir-Tech) che, nel 1981 su Apple II,  inventò il genere dei dungeon crawler in prima persona. Nel 1985, sempre su Apple II, arriva The Bard's Tale (Interplay) che, con la sua grafica colorata ed il suo motore grafico all'avanguardia, stabilisce nuovi standard. Nel 1988 tocca all'Amiga stupire il mondo con Dungeon Master titolo che porta il genere nell'era dei 16-bit ... grafica fantastica, audio principesco, controllo interamente tramite mouse e un'estrema giocabilità sono le caratteristiche di un gioco destinato a restare nel cuore di molti videogiocatori. Nell'anno del signore 1990 tocca alla, fino ad allora semi sconosciuta, Westwood, già autrice di diversi titoli basati sull'universo di Dungeons and Dragons, dare nuova linfa al genere con il primo episodio della trilogia di Eye of the Beholder. Un netto passo in avanti anche per il publisher SSI (Strategic Simulation Inc), detentore dei diritti per lo sviluppo di videogiochi basati sull'universo di AD&D, che finalmente svecchia il suo parco titoli basato su GDR a turni (Pool of Radiance, Couse of the Azzure Bonds, ecc) in favore di un genere più "dinamico" e adatto ad una più ampia platea. Il gioco è fin dall'uscita un grande successo tanto da meritarsi, dopo l'uscita per PC-MS/DOS, una conversione per Amiga (1991), SNES (1994) e perfino per il mitologico Mega CD (1994). Questo è il titolo che lancia la Westwood nell'olimpio della grandi software house degli anni '90 ... e scusatemi se è poco :o)

La trama è quella classica di un qualsiasi romanzo fantasy, di cui ammetto di essere un avido divoratore: la città di Waterdeep, una delle più importanti dei Forgotten Realms, è minacciata da una misteriosa e malefica presenza. Il consiglio dei saggi decide quindi di assoldare quattro eroi, quattro avventurieri, per investigare, scovare la malvagia entità e porre fine al suo nefasto influsso. Il manipolo di guerrieri viene quindi condotto all'ingresso delle fogne cittadine (chissà perché i cattivi hanno sempre la brutta abitudine di andare a rintanarsi in luoghi umidi, angusti e maleodoranti), luogo da cui il male fluisce e si espande per la città.
L'avventura non inizia purtroppo nel migliore dei modi visto che l'ingresso crolla non appena i quattro lo hanno attraversato ... a questo punto non resta altro da fare che inabissarsi nelle profondità del dedalo sotterraneo per stanare il malvagio Xathar e porre fine alla sua minaccia.

Quanto vi ho fin qui raccontato viene illustrato con molto trasporto da una breve introduzione animata ... nulla di eccezionale ma quanto serve per far venire un po' di sana acquolina in bocca :o)

 
Due fotogrammi tratti dall'ottima introduzione animata

Dopo la presentazione, come da tradizione, il gioco permette di creare il party che ci accompagnerà durante l'intero viaggio. Tramite una serie di menu si potranno selezionare la razza (umano, elfo, mezz'elfo, gnomo, nano, hobbit), l'orientamento (positivo, neutrale, negativo e varianti), la classe (guerriero, chierico, mago, ranger, ladro e paladino) ed il viso dei quattro compagni di battaglia. Combinando questi elementi, ed agendo sulle differenti "grandezze" che caratterizzano un personaggio (forza, destrezza, punti ferita, ecc), si ottengono "individui" unici che conferiscono un taglio differente all'avventura. Ovviamente un party equilibrato (un guerriero, un chierico, un ranger e un mago sono l'ottimo) garantisce un avvio più "semplice" ma nessuno vi impedirà di creare di un gruppo più orientato alla battaglia o alla magia (in fondo è un gioco di ruolo). L'iniziale gruppo di quattro avventurieri si potrà infoltire durante l'avventura grazie a personaggi che, una volta incontrati, potranno essere invitati ad unirsi all'allegra combriccola :o)

 
La creazione del party è veloce ma efficace

Creato il manipolo di eroi non resta altro che gettarsi nella mischia ed iniziare ad esplorare i 12 livelli di dungeon che ci porteranno all'epico scontro finale. E la cosa bella è che, come Dungeon Master insegna, tutto si può fare con pochi click del mouse: si agisce sulla frecce poste nella parte bassa dello schermo per muovere il personaggio, si utilizza il tasto destro sull'arma impugnata  per combattere e con pochi e rapidi tocchi si gestisce comodamente l'inventario. Un sistema semplice ed immediato che permette fin da subito di esplorare e affettare zombi, troll, goblin e chi più ne ha più ne metta. Non mancano ovviamente gli immancabili enigmi a base di pulsanti, passaggi segreti ed oggetti da raccogliere ed utilizzare al meglio. L'unico difetto dell'interfaccia di gioco è totale mancanza di un sistema di automapping che vi obbligherà ad armarvi di matita, gomma e carta a quadretti per evitare di girare in tondo come delle trottole (ovviamente oggi c'è internet su cui si trovano mappe dettagliate ma, tanti anni orsono, probabilmente per spingere la vendita degli hit-book, le doti di "cartografo" erano indispensabili per aver ragione di questo tipo di giochi).

 
Due immagini di gioco

Se l'interfaccia di gioco è da lodare, la grafica non è da meno grazie al buon utilizzo della VGA che regala scenari dettagliati e colorati ... un netto passo in avanti rispetto al vecchio Dungeon Master che aveva, ad essere sinceri, un aspetto un po' scialbo (ricordatevi però che la grafica non è tutto!!!). Molto ben disegnati anche i nemici ed i vari personaggi che potremo incontrare nelle nostre scorribande ... a dire il vero qualche frame di animazione in più non avrebbe guastato ma non è il caso di lamentarsi visto che preso nell'insieme il comparto grafico è comunque molto piacevole. Un po' scarso il sonoro che, a parte la musica durante la presentazione, sarà limitato ai soli effetti: questo contribuisce sicuramente ad aumentare la tensione visto che i passi dei nemici che si avvicinano, le catene che stridono e altri "rumoretti" di sottofondo vi terranno sempre sul chi va là.

Tirando le somme non posso far altro che consigliarvi di giocare ad Eye of the Beholder poiché, ancora oggi, garantisce dal sano divertimento ... la mancanza delle mappe può risultare un po' frustrante ma sulla rete, come già detto, si trova di tutto ... l'importante è non abusarne per non privarsi del gusto dell'esplorazione. Volendo proprio fare le pulci al titolo vi segnalo la presenza di un solo slot per il salvataggio e la totale assenza di un finale grafico: mi ricordo ancora oggi quando completato il gioco mi sono trovato di fronte un breve schermata di testo per essere poi sparato al prompt di DOS senza troppi complimenti ... qualcosa di meglio di poteva fare ed infatti la versione Amiga, uscita l'anno seguente, ha una sequenza conclusiva degna dei fasti del gioco. Resta valida la critica mossa da sempre ai giochi di ruolo su computer: linearità, libertà solo apparente e impossibilità di giocare insieme agli amici (caratteristiche dei GDR cartacei) ... per giocare in rete con gli amici sarà necessario attendere ancora un po' di anni (oppure imboscarsi in qualche laboratorio universitario per dilettarsi con un MUD ... se sapete cosa sono siete dei vecchietti ma anche dei pionieri!!!)

A voi il filmato in cui vi guido attraverso il primo livello delle fogne di Waterdeep :o)

martedì 20 settembre 2011

Print
Ancor prima che The Secrets of Monkey Island arrivasse ad illuminare i monitor di migliaia di avventurieri, il vulcanico Ron Gilbert era già al lavoro sul suo seguito, il titolo che nella sua mente avrebbe dovuto concludere degnamente le avventure dell'aspirante pirata Guybrush Threepwood. Quello che arriva nel Dicembre del 1991 non è quindi un titolo realizzato in fretta e furia per bissare il successo dell'anno precedente ma una vera e propria opera d'arte in cui il buon Ron sa concentrare tutto il suo genio e la sua volontà di stupire. Forse il preambolo potrà sembrare un po' troppo entusiasta ma, in fin dei conti, ci dovrà pur essere un motivo se Monkey Island II è da molti considerata la migliore avventura mai realizzata. Come spesso accade per questi capolavori, la letteratura, elettronica e non, è praticamente sterminata ... con questo articolo non penso di raccontarvi nulla di nuovo ma non potevo esimermi dal dire la mia! Buona lettura ...

Il gioco inizia con scena alquanto bizzarra ... Guybrush è sospeso nel vuoto aggrappato ad una corda pendente dal bordo di una voragine. Nell'altra mano un forziere, probabilmente colmo di tesori, e nella testa la volontà di non lasciare nessuna delle due prese. In questa situazione di apparente stallo irrompe la bella Elaine che, per nulla preoccupata, chiede al giovane pirata come abbia fatto a ficcarsi in una tale situazione. Parte quindi una fantastica introduzione, degna di uno dei film della serie de "I pirati dei Caraibi", che introduce il lungo flashback che costituisce l'avventura vera e proprio. Guybrush ha ormai realizzato il suo sogno di diventare un pirata ... una barbetta incolta orna il suo mento e gli abiti da marinaretto del primo episodio sono stati sostituiti da un bella palandrana blu. L'avventura inizia sull'isola di Scabb dove, attorno ad un falò, il protagonista è intento a raccontare ad una gruppo di "colleghi" come solo pochi anni prima era riuscito a porre fine alla minaccia di LeChuck. Non ancora soddisfatto della fama ottenuta, l'ormai affermato pirata confessa agli astanti il desiderio di partire alla ricerca del Big Woop favoloso tesoro che gli avrebbe donato gloria eterna per i sette mari. Purtroppo l'impresa è destinata a subire una battuta d'arresto fin dall'inizio: Largo LaGrande, braccio destro dell'ormai ri-defunto LeChuck, ha imposto un embargo all'isola che impedisce a chiunque di attraccarvi o di abbandonarla. Inizia così la prima parte del gioco, intitolata "l'embargo di Largo", che ci vedrà impegnati a mettere fuori combattimento il dittatore nanerottolo (uhm ... mi ricorda qualcuno!!) per poter così salpare alla ricerca del tesoro.
Purtroppo, proprio sul finire della sua prima missione, il distratto Guybrush si fa sottrarre da Largo la barba di LeChuck, che conservava a mo di feticcio, che sarà utilizzata per riportare in "vita" il malvagio pirata ... un bel guaio ma anche l'inizio di un'altra fantastica avventura :o)
Un'avventura che porterà il giovane Threepwood a visitare altre tre isole (tra cui però non c'è la mitica Monkey Island), a scontrarsi a colpi di voodò con il perfido corsaro e a vivere uno dei più mitici ed inaspettati finali mai scritti per un gioco.

 
Così inizia l'avventura di Guybrush - Una delle splendide illustrazioni che fanno da cornice al filmato introduttivo

La nuova avventura targata LucasArts è in primis bellissima da giocare: la sua trama ben congeniata si dipana pian piano, incollando letteralmente il giocatore allo schermo spingendolo a scoprire come i vari tasselli andranno ad incastrarsi per comporre il mosaico preparato per noi da Mr. Gilbert. Gli enigmi sono difficili ma sempre logici e sanno regalare una grande soddisfazione ogni qualvolta si riesce a venirne a capo. L'umorismo, uno dei marchi della saga, trasuda da ogni pixel: dialoghi piccati, situazioni paradossali (mitica la gara di sputi), comprimari all'altezza del fantastico protagonista e citazioni incastonate qui e la come piccole gemme (tipo quando Guybrush alla taverna ordina del grog "shakerato e non mescolato" scimmiottando James Bond) . Insomma nulla è lasciato al caso e tutto contribuisce a rendere l'esperienza di gioco assolutamente unica e per molti versi irripetibile.

Assolutamente strepitosa la grafica interamente disegnata a mano, scannerizzata e quindi ritoccata al computer. Colorata, dettagliata, ricca delle calde tinte caraibiche e leggermente deformata per aumentare il look cartoonesco. I 256 colori della VGA ci sono tutti e sono usati in modo magistrale per rendere il gioco una vera gioia per gli occhi.

 
Alcune illustrazioni sono degne di un quadro

Assolutamente da oscar la colonna sonora, con decine di brani tutti estremamente orecchiabili, senza accorgervene vi troverete a fischiettarli, e sempre in tema con il gioco. Un'accompagnamento costante per tutto lo svolgimento del gioco che non annoia mai ma che anzi contribuisce ad rendere più incalzante l'esperienza di gioco. Questo "miracolo" è dovuto al sistema iMUSE, interactive Music and Sound Effects, realizzato da Peter McConnel, Clint Bajakin e Micheal Land che permette alla musica ed agli effetti sonori di adattarsi alle situazioni di gioco: quando il momento si fa topico la musica accelera, si altera ed a volte stona per aumentare il coinvolgimento e trasmettere in parte le sensazioni del protagonista (ad esempio durante la gara di sputi si riesce a "sentire" la frustrazione del protagonista  all'ennesimo tentativo ... non pensate di riuscire a vincere alla prima scatarrata!!!). Bellissimo anche l'effetto di sovrapposizione con cui i vari brani si amalgamo nelle transizioni ... è difficile da spiegare ma vi assicuro che il risultato è strepitoso.
Il gioco supporta AdLib, la Sound Blaster ed i sintetizzatori Roland con cui si ottiene un risultato assolutamente impareggiabile per pulizia e qualità. E se la musica è fantastica non sono da meno gli effetti sonori campionati nitidi e cristallini ... come esempio porto ancora una volta la gara di sputi con espettorazioni potenti e scatarrate da primato (chissà chi è l'autore di tali "prodezze").

 
La mai abbastanza osannata gara di sputi - Il villaggio di Woodtick (isola di Scabb) è interamente costruito su barche collegate tra loro da ponticelli in legno

Non mi resta altro da fare che spendere due parole sulla nuova versione dello SCUMM. Rispetto al capitolo precedente l'elenco dei verbi è stato ridotto a nove, permettendo l'utilizzo di un font più grande, e gli oggetti dell'inventario sono rappresentati graficamente ... piccole innovazioni che rendono ancor più piacevole il giocare. Impeccabile l'interfaccia punta e clicca per l'interazione con gli scenari ed il sistema di dialoghi a scelta multipla (mi raccomando, parlate con tutti i personaggi ogni dialogo è ricco di informazioni che aiutano a gustare meglio la fantastica storia).

Insomma amici, avrete capito che per quanto mi riguarda Moneky Island 2 è un gioco assolutamente strepitoso che merita di essere giocato e gustato in ogni sua sfumatura ... non so trovargli un solo difetto, una solo nota stonata. L'unico appunto che si potrebbe muovere al capolavoro di Ron Gilbert è la forse eccessiva difficoltà in grado di spaventare i giocatori meno esperti. Ho volutamente usato il condizionale perché ancora una volta, il geniale designer americano, riuscì a sconvolgere i canoni della avventure grafiche: accanto all'avventura completa è disponibile una versione semplificata in cui alcuni degli enigmi più complessi sono semplificati o completamente rimossi. Un'idea a prima vista banale che però contribuì ad avvicinare molti giocatori ad un genere considerato d'elite.

Come ho già scritto all'inizio dell'articolo questo gioco conclude la saga di Monkey Island così come immagina dal suo creatore. Il finale, che non vi racconto per ovvi motivi, è definitivo e non lascia spazio ad eventuali seguiti. Purtroppo abbandonare un "marchio" di successo è difficile e quindi, dopo la partenza di Ron Gilbert, la LucasArts realizzò altre due avventure con protagonista il giovane Threepwood: trascurando  l'effettiva qualità dei giochi è sconcertante assistere all'obbrobrio narrativo compiuto dai nuovi sceneggiatori per giustificare le due nuove avventure ... per quanto mi riguarda una vera caduta di stile.

Chiudo spendendo due parole sulla versione Amiga ... un vero e proprio miracolo di programmazione ed ottimizzazione. Un'avventura immensa "riassunta" in "soli" 11 dischetti installabili su hard disk. La grafica è passata da 256 a 32 colori ma il lavoro degli artisti è stato assolutamente di prim'ordine tanto da non far rimpiangere la grafica originale su PC. Come sempre ottimo il sonoro che venne però ridimensionato nel numero dei brani per problemi di memoria e spazio su disco ... non ci sarà la musica continua come su PC ma quella che c'è è di ottima qualità. Un grande adattamento che ancora una volta dimostra la bontà della macchina Commodore e la sua importanza nei ruggenti anni '90.

A voi il filmato in cui supero brillantemente la prima parte dell'avventura. Un plauso all'emulazione Roland, che farà letteralmente godere i vostri timpani, e alla mia pazienza per aver seguito per bene tutti i dialoghi al fine di consegnare a voi un vero e proprio cartone animato (magari un giorno faccio anche le altre tre puntate!!).

A presto ...


Non so se lo avete notato ma il contatore che trovate un po' più in alto nella barra di destra ha da poco superato quota 10mila. Grazie a tutti voi :o)

mercoledì 14 settembre 2011

Print
Dura la vita dell'eroe ... una minaccia è appena stata sventata e subito un'altra viene a bussare alla porta. Non fa eccezione l'impavido Rick Dangerous che, appena evita la minaccia nazista, vede il cielo della sua amata Londra pullulare di astronavi aliene. E' proprio l'improvvisa comparsa degli UFO, a dare lo spunto alla Core Design per la realizzazione della seconda avventura dedicata ad uno dei suoi personaggi di punta di inizio anni '90 (Lara Croft probabilmente era solamente il sogno erotico di uno dei programmatori!!!). Il "Pericoloso Rick" è pronto a tornare in azione e, una volta dismessi i panni da Indiana Jones del capitolo precedente, per una più "sobria" tenuta da super-eroe, a lanciarsi un'avventura che lo porterà letteralmente all'altro capo della galassia.

Fat Guy è il classico cattivo intergalattico un po' sovrappeso che di punto in bianco decide che è giunto il momento di conquistare la terra e ridurre il suo popolo in schiavitù. Quando un UFO atterra al centro di Hyde Park, tutti fuggono ad eccezione del nostro Rick che decide di prendere il controllo del mezzo alieno per recarsi di persona a prendere a calci il flaccido didietro del "Ragazzo Ciccione". Ovviamente le cose non vanno come previsto: dopo aver completato il primo livello ed essere partiti a bordo dell'ufo ci si ritrova presto senza carburante costretti ad atterrare sul gelido pianeta Freezia, per passare poi al verdeggiante Vegetablia ed infine alle miniere di fango atomico sul pianeta dell'invasore. Quattro livelli ricchi di piattaforme, trabocchetti, nemici, rompicapi e chi tutte le amenità che già avevamo imparato ad "amare" nell'episodio originale.

 
I primi due mondi di gioco nella loro grafica simpatica e colorata

Dopo aver completato i quattro mondi, Rick avrà accesso al quartier generale di Fat Guy dove il losco figuro potrà essere sculacciato a dovere nell'immancabile sezione di boss fighting.
Proprio nella gestione dei livelli sta la più grande innovazione del gioco rispetto al predecessore. Nel titolo originale i quattro livelli che lo componevano dovevano essere affrontati in ordine. Essendo il gameplay fortemente condiziono dal try-and-die (prova-e-muori), dovuto a spuntoni che saltano fuori all'improvviso, ostacoli invisibili ed interrutori che se premuti portano a morte certa, tale scelta risultava decisamente frustrante visto che, per impratichirsi con i livelli avanzati (scordatevi di finire un mondo al primo tentativo), era necessario ogni volta ricominciare dall'inizio (un sadico tentativo per aumentare la longevità).
Con il nuovo capitolo è possibile fin dall'inizio accedere ad ognuno dei quattro livelli avendo quindi la chance di "allenarsi" in libertà. Il quinto ed ultimo livello potrà essere giocato solamente dopo aver completato i primi quattro, in quanto tale voce andrà ad aggiungersi a quelle già presenti nel menu. La sequenza finale potrà essere visionata solo dopo aver completato tutti e cinque i mondi nell'ordine. Insomma ... per vedere la fine del gioco dovrete comunque faticare ma come minimo il ricorso allo psichiatra è scongiurato!!!

 
Gli altissimi tronchi di Vegetablia e i mostri di fango atomico

La nuova ambientazione fantascientifica del gioco si rispecchia oltre che ne costume del protagonista anche nel suo armamento: al posto della pistola un raggio laser e al posto dei candelotti di dinamite le più moderne granate. E proprio nelle granate risiede la seconda innovazione nel gameplay infatti queste possono essere "lanciate" e fatte scorrere verso il bersaglio invece di essere solamente posizionate come i vecchi candelotti. Per il resto poco e cambiato si salta, si spara, si recuperano bonus e nuove munizioni e soprattutto ci si diverte un sacco :o)

Graficamente il titolo fa bella mostra su PC ponendosi al pari della altre versioni a 16-bit rilasciate per Amiga ed Atari ST. Anche il sonoro non è malaccio grazie al supporto AdLib ... va comunque precisato che il titolo non ha mai brillato per il suo accompagnamento sonoro limito ad una musichetta che introduce ogni livello, a qualche jingle e ad alcuni sporadici effetti sonori (i passi del protagonista, le esplosioni e poco altro).

Nel complesso Rick Dangerous II è un buon titolo dotato della giocabilità dei classici del passato, reso meno frustrante dal nuovo meccanismo di fruizione dei livelli. Purtroppo è un gioco con un finale aperto che vede il "buon" Fat Guy senza essere stato sconfitto ... la conclusione faceva sperare in un seguito che purtroppo non ha mai visto la luce ... speriamo in qualche volenteroso :o)

A voi il filmato in cui vi mostro come superare ad impadronirvi dell'astronave aliena e partire alla volta di Freezia ...


PS
Il gioco funziona egregiamente con il DosBox ma con le impostazioni di default risulta un po' lento ... prima di avviare il titolo abbiate quindi cura di portare il numero dei cicli ad un valore prossimo ai 20000 in modo da avere una buona velocità d'azione!!

mercoledì 7 settembre 2011

Print
La Coktel Vision è a mia memoria una delle software house più visionarie dei ruggenti anni '90. La maggior parte dei titoli realizzati dalla casa francese, erano infatti circondati da un'aura surreale che li rendeva decisamente accattivanti. Basti pensare alla demenziale triologia di Gobliiins, al giallo noir Fascination e al titolo oggetto di questo articolo che pesca a piene mani dalla mitologia pre-colombiana e delle leggende che narrano di un possibile incontro tra il popolo andino ed una misteriosa razza aliena (teoria che viene riproposta più o meno regolarmente per ogni civiltà del passato che sia riuscita a raggiungere un livello tecnologico apparentemente inspiegabile che gli permise, ad esempio, di erigere le piramidi orientandole, tra l'altro, perfettamente rispetto a precisi riferimenti stellari). Orbene io non so se queste teorie siano più o meno fondate ma il loro fascino è innegabile ... se pensate che il dio Ra sia un parassita alieno impossessatosi del corpo di un giovane terrestre, che Atlantide sia esistita e che Machu Picchu sia in realtà una base aliena ... beh ... Inca è il gioco che fa per voi :o)

Quello che i libri di storia raccontano è che la civiltà incaica ebbe fine al termine del XVI secolo per mano degli spietati conquistador spagnoli, assetati di nuove terre e di ricchezze. Quello che invece pochi sanno è che alcuni membri dell'antico popolo riuscirono a mettersi in salvo nello spazio, grazie alle tecnologie apprese da una razza aliena, nell'attesa che si avveri la profezia dell'imperatore Huayna Capac che vedrà risorgere la sua nazione. Il conquistatore Aguirre non si da però per vinto ed attrezzati i suoi galeoni con la tecnologia aliena, si lancia all'inseguimento dei superstiti. Il gioco ha inizio 500 anni dopo questi eventi quanto il vostro alter-ego, dal fantasioso nome di El Dorado, si risveglia all'interno della base spaziale eretta affinché possa compiere il suo destino: ridare la libertà al suo popolo e sconfiggere l'antico invasore.

 
Durante l'introduzione Huayna Capac vi svela il vostro compito - Lo scintillante El Dorado in tutto il suo splendore!

Credo che bastino i due screenshot, tratti dalla fantastica introduzione, che vi ho appena proposto a capire la qualità grafica raggiunta dagli artisti francesi, qualità che si mantiene altissima anche nelle sezioni di gioco e nei  brevi filmati di intermezzo. L'utilizzo di numerosi filmati ed il sapiente mix di grafica digitalizzata e  bitmap sono indicativi del tentativo della Coktel Vision di realizzare uno dei sogni più ricorrenti tra i game designer degli anni '90: creare il primo film interattivo. Già altri avevano tentato questa strada, fondere sequenze di gioco con sequenze animate che raccontano il dipanarsi della trama, spesso fallendo per i limiti tecnologici di quegli anni. Wing Commander ci aveva provato un paio di anni prima con buoni risultati ed Inca se possibile riesce a spingersi ancora oltre grazie ad un fasto grafico e sonoro senza precedenti. Se però il titolo della Origin era "solamente" un simulatore di volo spaziale, il gioco Coktel Vision si sforza di fornire un più ampia varietà di situazioni che spaziano dall'esplorazione alla risoluzione di enigmi, dal combattimento stellare a folli corse all'interno di stretti canali sulla superficie di misteriosi pianeti. Insomma, a prima vista un condensato di tecnica, generi giocabilità.

 
Per raggiungere la meta sarete costretti ad attraversare un fitto campo di asteroidi - Una volta giunti sulla superficie del pianeta vi attenda una pericolosa corsa per raggiungere l'ingresso della base (Star Wars??)

Purtroppo le cose non sono andate proprio come volevano i programmatori visto che, se la parte tecnica è sicuramente eccelsa, è proprio la giocabilità in alcuni casi a scricchiolare. Fondendo tanti generi, infatti, nessuno di questi risulta sufficientemente profondo. Le sequenze di combattimento spaziale risultano molto semplificate, le corse negli stretti canyon si limitano quasi sempre a correre all'impazzata sparando a raffica, le sezioni di esplorazione risultano alla lunga un po' noiose e le fa adventure si limitano il più delle volte all'utilizzo dell'oggetto giusto nel posto giusto. Sian ben chiaro, alla fine giocare ad Inca si dimostra decisamente divertente e la voglia di vedere la fine finisce con il prendere il sopravvento (lo dimostra il filmato di più di un'ora che troverete al fondo della recensione ... alla fine c'ho preso la mano) ma è un peccato notare come la forse eccessiva semplificazione, abbia finito per rendere il titolo bello ma non fantastico come a prima vista ci si sarebbe potuti aspettare.

 
I labirinti sono farciti di nemici da blastere in allegria (ottima la funzione di automapping) - L'enigma della mummia vi permetterà di conquistare l'uscita dal dedalo

Come ho già detto più volte nel corso dell'articolo, dal punto di vista grafico e sonoro il titolo è una vera gioia. Grafica stellare, colorata, fluida e molto ben animata. Altrettanto buono il mix di oggetti digitalizzati e bitmap che si fondono in scenari evocativi e ricchi di fascino mitologico. Di rara bellezza i filmati in computer graphics, un netto passo in avanti rispetto ad analoghe produzioni dell'epoca. Un plauso al sonoro che finalmente sfrutta a dovere la Sound Blaster con bellissime musiche ricche di flauti andini e effetti sonori campionati da oscar (spettacolare la sequenza introduttiva con tanto di parlato digitalizza in lingua quechua ... per fortuna ci sono i sottotitoli). Finalmente l'audio su PC riesce a rivaleggiare con quello Amiga senza troppa difficoltà
Tutta questa magnificenza ha ovviamente un prezzo ... 14 dischetti ad alta densità sono decisamente un bella paccotiglia di plastica ... il gioco era ovviamente installabile su hard disk ma con giochi come questi la tecnologia del supporto di memorizzazione magnetica inizia a mostrare tutti i suoi limiti. Inca fu uno dei primi giochi ad avvalersi del supporto CD-ROM ma, come molti titoli di quegli anni, non seppe sfruttarne a pieno le possibilità limitandosi ad utilizzarlo per le arricchire il comparto audio.
Il gioco si controlla completamente tramite mouse. Il sistema è decisamente semplice ed intuitivo e si rivela adatto ad ogni situazione di gioco ... un buon lavoro.
La semplificazione delle varie sezioni finisce con l'influire negativamente sulla longevità: i sedici "stage" con le cinque vite a disposizione si finiscono abbastanza in fretta. Fortunatamente gli sviluppatori non hanno pensato di accrescere il tempo necessario a concludere il gioco costringendoci ogni volta a ricominciare dall'inizio (è un escamotage abbastanza fastidioso): un comodo sistema di password permette di ricominciare una nuova partita dall'ultimo livello superato con successo.

Prima di lasciarvi all'immancabile filmato vi segnalo un paio di chicche del titolo: la possibilità di ascoltare le varie tracce audio con un comoda interfaccia a jukebox ed il dizionario dei termini inca ... niente male.


Inca è, nel bene e nel male, un pezzo dell'evoluzione videoludica ... dateci un'occhiata :o)