domenica 20 novembre 2011

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La prima volta che giocai a questo gioco non avevo la più pallida idea di chi fosse John Romero. Lo "conobbi" alcuni anni dopo grazie alla saga di Commander Keen, Wolfenstein 3D ed il mitico Doom, titolo che consacrà lui, John Carmack e la id Software tra i grandi della storia dei videogame.
John Romero nasce il 28 Ottobre 1967 a Colorado Springs nel rettangolare ed arido stato del Colorado. Inizia a programmare fin da giovanissimo sull'Apple II di famiglia arrivando a pubblicare il suo primo gioco, Scout Search, nel 1984 allegato alla rivista inCider magazine. In quegli anni, John, si appoggia alla Capitol Ideas Software per farsi le ossa e far "girare" i suoi titoli grazie alle riviste con dischetto allegato. Nel 1987 entra alla Origin Systems ma si tratta di una breve collaborazione che lo traghetta verso la nascita della sua prima società: la Inside Out Software dedica al porting di titoli da Commodore 64 ad Apple II e viceversa.
Nel 1989 John si trasferisce in Louisiana entrando alla Softdisk dove conosce John Carmack e Tom Hall con cui, nel Febbraio del 1991, fonderà la id Software. La collaborazione tra Romero e la id durerà fino al 1996 regalando agli amanti dei videogame vere e proprie pietre miliari di questa forma di intrattenimento. Impossibile non conoscere, oltre ai titoli già citati, capolavori come Quake, Hexen, Heretic. Dopo la sua dipartita dalla id Software, John, fonda la Ion Storm la cui unica creazione, Daikatana (1997), è ricordato come un dei peggiori titoli dall'anno. Da allora la figura di John Romero risulta un po' appannata, un po' ai margini dell'intrattenimento digitale, a mio avviso, per via di un mondo ormai poco adatto ai talenti solitari ed all'estro della genialità (basti notare quanti mostri sacri degli anni '90 sono ancora sulla cresta dell'onda).

Accidenti, volevo scrivere due righe introduttive e invece vedi un po' che pappardella ... vabbè forse è meglio che inizi a parlarvi di Pyramids of Egypt :o)

 
L'originale Pyramids of Egypt per Apple II

Il titolo, sviluppato nel 1985 su Apple II (per essere pubblicato solo nel 1987) e approdato su PC un paio di anni dopo, narra le vicende di "Mike the Explorer" e del suo immenso amore per i tesori custoditi nelle profondità delle piramidi egizie. Come Vojager (Kazzenger??!?!?) insegna, gli antichi monumenti funerari sono colmi, oltre che di preziosi, di trappole ideate con l'unico scopo di porre fine all'esistenza dei saccheggiatori. Tra le insidie più pericolose le cronache citano una misteriosa razza di serpenti velenosi appositamente allevati dai sacerdoti del faraone per uccidere i malcapitati tra atroci sofferenze. Possono bastare qualche centinaio di rettili striscianti fermare a l'intrepido Mike? Ovviamente no, poiché il novello Indiana Jones ha imparato a scacciarli appiccando piccoli falò con bombolette di gas monouso ... un vero colpo di genio.
Quella che vi ho testé raccontato è la storia, se vogliamo banale, che introduce una viaggio lungo ben 100 livelli alla ricerca di inenarrabili tesori, tra trappole, serpenti e labirinti intricati ... insomma, probabilmente non ci sarà mai la base per film ma c'è quanto basta per invogliare un videogiocatore che si rispetti a farci una partitina.

Pyramids of Egypt, nel 1989, alla sua uscita su PC porta con se già un poco di retrogame visto che propone lo schema di gioco tipico della metà degli anni '80 fatto di labirinti a schermata fissa, tesori da collezionare, nemici da evitare ed una porta verso il livello successivo (detto così sembra Pac-Man ed in fondo non è che cambi molto). Un modello di gioco datato non è però sintomo di noia, anzi se be sfruttato sa regalare quella giocabilità ed immediatezza che soprattutto oggi si sta perdendo in un orgia di colori e poligoni (sto diventando messianico??).

 
I primi due livelli si completano abbastanza facilmente ma proseguendo ...

Vabbuò ... comunque la si pesi, il titolo del giovane Romero si dimostra ancora oggi estremamente giocabile divertente e, come i buon giochi di un tempo, dannatamente difficile. Scordatevi quei giochi che vi accompagnano lentamente verso la fine, qui c'è veramente da sudare le proverbiali sette camice. Ad essere sincere, forse il gioco è fin troppo difficile rischiando di diventare frustrante in più occasioni, soprattutto per la completa mancanza di un sistema di salvataggio o password ... un vero peccato, ma i giochi una volta erano così e Pyramids of Egypt ne esalta sia gli aspetti positivi che quelli negativi :o)

Dal punta di vista squisitamente tecnico il gioco ha poco veramente poco da offrire ed è bel lontano dagli standard che Romero avrebbe raggiunto di li ad un paio d'anni (comunque bellissimo lo sprite del protagonista che muore tra fiotti di sangue e grugniti). La grafica è rigorosamente a quattro colori: psichedelica in CGA, un po' meglio con la EGA in cui le tonalità sono scelte più armoniose. Il giovane programmatore già allora fece sfoggio delle sue notevoli capacità realizzando il gioco nella sola modalità CGA per poi sfruttare un tweek della EGA che, in modalità compatibile verso il basso, permette di rimappare i quattro colori utilizzando le sedici tonalità disponibili.
Il sonoro si limita a pochi pochi beep e di conseguenza è da considerarsi non pervenuto :o)

 
Le morti cruente e l'impietosa schermata di game over vi terranno spesso compagnia giocando a Pyramids of Egypt

Per concludere posso dire che Pyramids of Egypt è un buon gioco che nonostante i suoi anni ancora oggi si può meritare una partita. La sua pecca più grande è probabilmente la difficoltà che vi farà imprecare più e più volte verso quei maledetti serpenti che schizzano per lo schermo a tutta velocità. Lo schema di gioco è un po' stantio ma in fondo siamo retrogamer!!

A voi il video da cui è evince l'estrema difficoltà del titolo ... e meno male che per ogni livello superato si guadagna una vita extra :o)


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